Van Der Meyde: biografia shock, alcol, droga, sesso e… cammelli!
Presentato come un grande talento, Andy Van der Meyde in due anni di Inter (dal 2003 al 2005) non lasciò traccia. Colpa di alcol, droga, sesso e… cammelli. L’olandese racconta tutto nell’autobiografia dal titolo ‘Nessuna pietà’. Si parte dai tempi dell’Ajax: “Mio padre era un alcolizzato e un giocatore incallito. Con lui ho rotto ogni rapporto, tanto che quando entrai nelle giovanili dell’Ajax chiesi di giocare con il cognome di mia madre. Mi dissero di no. L’Ajax è stata l’unica squadra in cui mi sono divertito. Legai con Ibrahimovic e Mido: si sfidavano in folli corse notturne sull’anello della A10 attorno ad Amsterdam. Zlatan aveva una Mercedes SL AMG, Mido alternava Ferrari e BMW Z8. Tomas Galasek invece mi iniziò alle sigarette”. Dall’Ajax passa all’Inter: “Accettai, nonostante l’allenatore, Ronald Koeman, non mi ritenesse ancora pronto per l’estero. Dopo una settimana a Milano, telefonai a David Endt (team manager dell’Ajax, ndr) implorandolo di riportarmi a casa. I soldi possono anche tenerseli, gli dissi. Mi consumava la nostalgia”.
Passare dal club olandese ai nerazzurri è come “lasciare un negozio di paese per una multinazionale. Tutto estremamente professionale, un giro di soldi pazzesco, il presidente che dopo ogni vittoria allungava ai giocatori 50 mila euro a testa”. Van der Meyde racconta della vita milanese: “Avevo uno zoo nel giardino di casa: cavalli, cani, zebre, pappagalli, tartarughe. Dyana, la mia prima moglie era la vera malata. Per lei rifiutai un trasferimento al Monaco: a Montecarlo ci sono solo appartamenti, mi disse, dove li mettiamo i nostri animali? Una sera scesi in garage, al buio, intravidi una sagoma imponente e udii suoni strani. Aveva comprato un cammello”. All’Inter è un flop, così viene ceduto all’Everton, in Premier League. “Mi proposero uno stipendio di 37mila euro a settimana, più del doppio di quello che percepivo all’Inter. Ci andai di corsa. La prima cosa che feci fu comprare una Ferrari e andare a sbronzarmi al News Bar, uno dei locali più in voga di Liverpool. La mia giornata terminò in uno strip-club. Andavo pazzo per le spogliarelliste. Lì conobbi Lisa e me ne innamorai subito. Nel suo mondo bere e sniffare cocaina era una cosa all’ordine del giorno”.
Dyana lo fa pedinare da un detective e non gli fa più vedere le due figlie: “Mi sarei preso a pugni in faccia quando mi elencò tutte le prove che aveva raccolto”. Non solo donne (“il mio motto era: sempre e ovunque, fosse un’igienista dentale, una segretaria dell’Ajax, una ragazza conosciuta a un semaforo”), però, perché i vizi sono tanti. “Una volta passai una serata a gozzovigliare a Manchester, mi scolai un’intera bottiglia di rum e andai direttamente agli allenamenti. Ai test registrai il mio miglior tempo di sempre, ma non riuscii a nascondere la sbronza”. Lui si allena sempre meno e la sua carriera comincia a sprofondare: “Il tecnico Moyes pensava fossi un viziato, in realtà stavo accanto a Dolce, la bambina che avevo avuto da Lisa. Soffriva di una rara malattia all’intestino, è stata operata otto volte in due anni. Non volevo lasciarla sola. Ma ero fuori controllo; non riuscivo a dormire se non prendendo pillole. Era roba pesante, di quella da prendere con la prescrizione del medico. Quindi le rubavo dallo studio del medico del club. L’ho fatto per più di due anni. Poi è arrivata la cocaina, insieme a Bacardi, vino e feste in quantità. Capii che dovevo andarmene da Liverpool, o sarei morto”.
Nel momento più difficile, l’allora tecnico del Psv Eindhoven, Fred Rutten, prova ad aiutarlo offrendogli un contratto annuale. “Ma è stato come tentare di mettere in moto un’auto ferma da troppo tempo: i ritmi del calcio professionista non facevano più per me”. Ora Van der Meyde, che ha chiuso la carriera, è “in attesa del quinto figlio, il secondo dalla mia attuale compagna, Melissa. Non sono milionario ma vivo meglio di prima. Col libro ho voluto chiudere un capitolo della mia vita. Adesso voglio allenare nelle giovanili. Dopo tutti gli errori che ho commesso, chi meglio di me può insegnare ai ragazzi come non sprecare il proprio talento?”
Nella speranza che quanto descritto da Van Der Meyde sia da monito per le generazioni future!
Francesco Aspanò