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Il ruolo del microbioma intestinale nella fibrosi: come i metaboliti batterici influenzano la salute degli organi

L'articolo che segue esplora il legame tra il microbioma intestinale e il suo ruolo nello sviluppo della fibrosi in vari organi, includendo reni, cuore, fegato e pelle. Le più recenti scoperte scientifiche suggeriscono che i metaboliti prodotti dai batteri intestinali, in particolare il trimetilammina-N-ossido (TMAO), siano coinvolti nell'insorgenza e nella progressione della fibrosi. Questo processo patologico comporta un'eccessiva deposizione di matrice extracellulare (ECM) che porta al deterioramento della funzionalità degli organi, una condizione presente in molte malattie croniche.

Fibrosi: un problema diffuso

La fibrosi è il risultato di una risposta infiammatoria cronica a un danno tissutale. In condizioni normali, dopo un trauma, i fibroblasti si attivano, contraggono i tessuti, secernono mediatori infiammatori e sintetizzano l'ECM, contribuendo alla guarigione delle ferite. Tuttavia, quando questo processo viene disgregato, come nel caso di infiammazioni croniche, si ha un accumulo eccessivo di ECM, che altera la struttura del tessuto e compromette il funzionamento degli organi. Si stima che la fibrosi sia responsabile del 45% dei decessi nei paesi industrializzati​(s10020-024-00895-8).

Il ruolo del microbioma intestinale

Uno dei fattori emergenti nello sviluppo della fibrosi è il ruolo del microbioma intestinale, e in particolare del metabolita TMAO. Il microbioma converte composti derivati dalla dieta, come colina e L-carnitina, in trimetilammina (TMA), che viene successivamente trasformata in TMAO nel fegato. Studi recenti hanno collegato livelli elevati di TMAO con un aumento del rischio di malattie cardiovascolari, fibrosi renale, malattie epatiche e sclerosi sistemica.

Effetti della TMAO sui reni

Nel contesto della malattia renale cronica (CKD), alti livelli di TMAO sono associati a eventi avversi cardiovascolari come infarti e ictus. In uno studio prospettico, TMAO ha dimostrato di aumentare il rischio di mortalità nei pazienti affetti da CKD. In modelli animali, l'integrazione di colina e TMAO ha accelerato lo sviluppo della fibrosi renale, peggiorando il danno funzionale ai reni​(s10020-024-00895-8).

Effetti della TMAO sul cuore

Elevati livelli di TMAO sono associati a un aumento del rischio di eventi avversi cardiaci, come la fibrosi miocardica. La fibrosi del cuore, causata dall'accumulo eccessivo di ECM nel tessuto cardiaco, può indurre rigidità miocardica e disfunzione diastolica, aumentando la vulnerabilità a condizioni come l'insufficienza cardiaca. Studi sugli animali hanno evidenziato che l'integrazione di diete ad alto contenuto di colina aumenta la fibrosi cardiaca e peggiora la funzione cardiaca​(s10020-024-00895-8).

Potenziali interventi terapeutici

Le recenti ricerche si concentrano sulla possibilità di modulare i livelli di TMAO attraverso diverse strategie terapeutiche, che includono modifiche alla dieta, probiotici e inibitori enzimatici per ridurre la produzione di TMA nel microbioma intestinale. Ad esempio, l'eliminazione della carne rossa dalla dieta può ridurre significativamente i livelli di TMAO nel plasma​(s10020-024-00895-8). Un'altra area di interesse è l'uso di inibitori della TMAO-liasi, come il DMB, che ha dimostrato di ridurre la produzione di TMAO nei modelli animali e di migliorare la funzione renale e cardiaca.

Conclusioni

Il legame tra microbioma intestinale e fibrosi rappresenta una nuova frontiera nella comprensione e nel trattamento di malattie croniche. Interventi mirati che agiscono sul microbioma e sulla produzione di TMAO potrebbero fornire nuove opzioni terapeutiche per prevenire o rallentare la progressione della fibrosi in vari organi. Tuttavia, sono necessari ulteriori studi per comprendere meglio questi meccanismi e sviluppare trattamenti più efficaci.
L'articolo ci ricorda che la fibrosi è una condizione altamente prevalente e poco compresa, e che l'approccio "meta-organismale" che unisce dieta e metabolismo microbico potrebbe essere la chiave per future terapie innovative.
FONTE

Di Gaetano

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