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Come i Test in Laboratorio Stanno Cambiando le Regole: Scoperta la Dose di Sicurezza per i Composti Tossici PBDE

Un recente studio pubblicato su Environment International affronta l'argomento cruciale dell'esposizione ai composti chimici, in particolare i PBDE (eteri di difenile polibromurato), e come questi influenzino lo sviluppo neurotossico. I PBDE sono composti chimici ampiamente utilizzati come ritardanti di fiamma in numerosi prodotti di consumo, come elettronica e mobili. Nonostante siano stati regolamentati in molti paesi, i PBDE sono ancora presenti in numerosi prodotti e possono accumularsi nell'ambiente, continuando ad essere assorbiti dall'uomo.

Sfide della valutazione del rischio con metodi tradizionali

Attualmente, i livelli di esposizione accettabili per le sostanze chimiche sono spesso basati su esperimenti condotti sugli animali. Tuttavia, questo metodo ha molte limitazioni: oltre a essere costoso e richiedere molto tempo, gli esperimenti sugli animali sollevano anche preoccupazioni etiche e talvolta non prevedono accuratamente gli effetti sugli esseri umani. Per superare queste difficoltà, la comunità scientifica ha sviluppato nuovi approcci metodologici basati sui dati in vitro, utilizzando cellule umane e modelli biologici per calcolare livelli di esposizione accettabili.

Caso studio: BDE-47 e neurotossicità

Lo studio si concentra su uno dei congeneri più studiati dei PBDE, il BDE-47, e il suo impatto sulla neurotossicità dello sviluppo. Attraverso test in vitro, i ricercatori hanno analizzato come il BDE-47 influenzi le cellule progenitrici neurali umane. Questi test sono stati utilizzati per determinare un "punto di partenza" (Point of Departure, POD), ovvero la concentrazione minima a cui si osserva un effetto tossico significativo sulle cellule, in particolare la differenziazione delle cellule oligodendrocitarie. Questo approccio ha permesso di evitare l'uso di modelli animali e di ottenere dati più rilevanti per la salute umana.

Modellazione biologica e tossicocinetica

Lo studio ha anche utilizzato modelli di massa bilanciata e modelli tossicocinetici per stimare la dose materna equivalente che porterebbe a concentrazioni nel cervello del bambino simili a quelle osservate nei test in vitro. Grazie a questo processo, è stato possibile derivare valori di esposizione accettabili che tengono conto delle variazioni interindividuali e dei diversi stadi di sviluppo (prenatale e postnatale). Il risultato finale è stata la definizione di una dose giornaliera tollerabile per il BDE-47 compresa tra 0,009 e 0,038 μg/kg al giorno.

Confronto con studi epidemiologici

I risultati sono stati poi confrontati con i dati raccolti da studi epidemiologici condotti su madri esposte a PBDE durante la gravidanza e su bambini piccoli. Le concentrazioni di BDE-47 misurate nel plasma materno in questi studi erano in linea con le equivalenti di biomonitoraggio calcolate nello studio. Questo confronto ha fornito una conferma della validità dell'approccio utilizzato per derivare i livelli di esposizione accettabili, dimostrando che i valori calcolati riflettono accuratamente le esposizioni umane osservate nella realtà.

Implicazioni e prospettive future

Questo studio dimostra come l'uso di dati in vitro e modelli biologici possa essere un'alternativa valida ai tradizionali test sugli animali per la valutazione del rischio chimico. Sebbene il caso studio si sia concentrato su un singolo composto chimico, il BDE-47, la metodologia potrebbe essere applicata ad altre sostanze chimiche per migliorare la precisione della valutazione del rischio e ridurre la dipendenza dai test sugli animali. Inoltre, l'uso di questi approcci innovativi potrebbe accelerare il processo di regolamentazione dei nuovi composti chimici, garantendo una maggiore protezione della salute pubblica.
FONTE

Di Gaetano

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